Volare con l’uomo sul fiume

Giacomo De Stefano

Vi raccontiamo una storia.

Qualche mese fa abbiamo conosciuto Giacomo De Stefano, quasi per caso. Un comune amico ce lo presentò perché ci parlasse del suo progetto, inteso sia come iniziativa sia come obiettivo di vita. Perché Giacomo ha ricevuto in dono l’onore e l’onere di far coincidere la propria occupazione con i propri ideali. Ma ci ritorneremo dopo.

Non abbiamo timore di scrivere che all’inizio eravamo scettici: non era il primo e neppure sarà l’ultimo che ci chiede di aiutarlo a sviluppare un’idea, per lo più vaga, per la quale ha zero fondi da investire e ancor meno tempo da dedicare.

Ma questa volta era diverso, non tanto per il fatto che qualcosa fosse già stato realizzato, e con un certo successo, ma perché Giacomo riesce a comunicare in modo assolutamente trasparente quali sono gli obiettivi e porre l’interlocutore davanti ad una domanda: “cosa vuoi fare per aiutarmi?”.

Attenzione, non “cosa puoi fare”, ma proprio “cosa vuoi fare”. Eh sì, perché via via che il progetto viene raccontato, si è coinvolti a un punto tale che si vuole proprio entrare a farvi parte.

Quello che era chiamato “North Sea to Black Sea” e che ora (immodestamente grazie a noi) è divenuto un più affascinante “Man on the River”, è un viaggio da Londra a Istanbul attraverso le vie fluviali (Tamigi, canali francesi, Reno, Meno, Danubio, Mar Nero).

Niente di nuovo nel percorso perché è già stato affrontato da altri viaggiatori (uno partendo dall’Olanda su un catamarano, altri due intervallando navigazione e bicicletta): ciò che cambia sono gli obiettivi e le modalità.

 

Prima di entrare nei dettagli, va fatta una premessa: due anni fa Giacomo ha intrapreso il suo primo progetto di questo tipo, risalendo il Po da Venezia fino a Piacenza, a bordo di una barca di origine Vichinga che tutt’oggi viene utilizzata per la pesca nelle isole Shetland, in Scozia (e che sarà protagonista anche del nuovo viaggio).

Questo primo viaggio era stato chiamato Un Altro Po, e Radio 24 aveva lo aveva seguito con collegamenti giornalieri. Gli obiettivi principali erano la sensibilizzazione verso i problemi e la vita fluviali, attraverso quella che un tempo era la via di comunicazione più importante dell’Italia settentrionale (e che oggi torna drammaticamente alla ribalta per quanto originato dal Lambro).

Lungo il percorso, Giacomo aveva potuto scoprire un’enorme ricchezza in termini di umanità, luoghi, tradizioni, fauna e flora che è solitamente lontana dalle mappe turistiche. Potete scoprirne di più sul sito www.unaltropo.com.

 

Con Man on the River l’asticella si alza: l’obiettivo non è più solo l’Italia, ma diventa l’Europa, con tutte le sue contraddizioni: anzi, un qualcosa di più, perché il viaggio inizia nel cuore pulsante della city londinese per terminare lungo le sponde del Bosforo, a Istanbul, la porta d’oriente e l’unione ideale tra continenti e culture.

Giacomo ha deciso di dedicare la propria vita a fare il frontman, inteso come persona che indica come “cambiare si può”: i suoi gesti, grandi, dovrebbero essere di esempio perché tutti noi, ogni giorno, possiamo adottare piccoli comportamenti più consapevoli.

Il dono di Giacomo gli ha permesso di costruire intorno a se un team di persone motivate a lavorare con lui e a collaborare tra loro per la riuscita del progetto. E non poche aziende gli stanno offrendo appoggio sia offrendo servizi sia materiali utili alla costruzione della barca, al trasporto, alla diffusione mediatica.

Cosa ottengono in cambio? In teoria visibilità, che sarà garantita da migliaia di contatti durante questa lunghissima avventura (circa sei mesi); in pratica la consapevolezza di far parte di un gruppo che vuole migliorare un po’ il mondo. Insomma di stare dalla parte dei buoni.

Perché il vero obiettivo del viaggio è portare alla luce quello che è nascosto, suggerire nuove modalità di turismo rispettoso dell’ambiente, riequilibrare il rapporto tra uomo e natura. Il tutto non attraverso una regressione alla primitività, ma utilizzando strumenti moderni sia per la navigazione (il gps consentirà di verificare la posizione della barca visitando il sito), sia per l’energia necessaria (fornita da pannelli fotovoltaici montati a bordo) e per la divulgazione (con post frequenti sul sito dell’evento e dirette radio). Quello che rimarrà come un tempo è la propulsione, a remi e vela, a emissioni zero.

Man on the River non sarà una performance sportiva, una corsa in solitario, ma un’esperienza collettiva: gli occhi di Giacomo saranno quelli di tutti coloro che lo seguiranno attraverso vari media.

Ma il ritorno più importante per team e partner è nel conoscere le altre persone che partecipano al progetto:tante storie, come dicevamo prima. Tutte diverse: alcune bizzarre, altre fortunate, altre ancora sofferte, con dei sogni realizzati e molti altri nel cassetto, che forse non verrà mai aperto.

Attraverso Man on the River, attraverso Giacomo e la sua impresa, tutti si sentono la piccola parte di un’avventura come quelle che si sognavano da bambini, per tornare a guardare il mondo con quegli occhi.

Il nostro ruolo nel progetto è di mettere a disposizione ciò che sappiamo fare: comunicazione. Abbiamo pensato a un nome, abbiamo progettato il logo, realizzato il sito e stiamo coordinando i molti bellissimi contributi (articoli, foto, video) che il resto del team apporta di continuo.

Siamo arrivati alla fine, anzi all’inizio di questa storia, che vi invitiamo a seguire su www.manontheriver.com

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