Dove il mercato va…

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Ma dove va il mercato? Come fare impresa? Programmare si può? Anche in Italia?
Domande a cui è difficile dare una risposta.

Il bicchiere mezzo pieno: abbiamo ancora uno dei sistemi industriali più sviluppati, la creatività, un patrimonio artistico, storico e paesaggistico di assoluto valore. Insomma un “tesoro” che si può utilizzare per vedere la luce in fondo al tunnel.

Il bicchiere mezzo vuoto: un’economia stagnante, una scolarità molto modesta, una classe dirigente (politica ma non solo) che si è divorata il divorabile e lavora in maniera autoreferenziale, dai comuni al parlamento. Siamo a metà del guado: possiamo salvarci ma l’ondata di piena non è lontana. A questo punto è importante valutare dove stia andando la società, italiana e mondiale, per capire come e dove fare impresa.

Innanzitutto va fatta una riflessione sul prodotto. I potenziali clienti oramai appartengono a due categorie: fascia bassa / medio bassa, fascia alta / altissima. Ci è sparita dalle mani la classe media, senza che ce ne accorgessimo. Fagocitata dalle difficoltà economiche, dalla globalizzazione che porta i poverissimi a diventare solo poveri (abbassando un po’ il livello di quelli che stavano benino), la vecchia cara borghesia ci ha salutato.

Non che sia sparita per caso, s’intenda: in Italia soprattutto la politica ci ha messo del suo, investendo sulla fascia di popolazione più anziana (= voti e clientele) e tagliando i finanziamenti per istruzione e cultura destinati ai giovani. Un disastro che ci trascineremo avanti per un bel po’. Se ci mettiamo che l’Euro (fortuna che c’è, però) ci ha tolto la leva finanziaria che si utilizzava per rendere competitiva un’economia ottima come singole aziende ma inefficiente su scala complessiva, e aggiungiamo qualche bella speculazione internazionale, la frittata è bella e servita.

Insomma ora il prodotto o servizio di fascia media ha vita dura.

Un’altra considerazione, legata alla precedente, va fatta sul mercato globale: se è vero che in Italia ci sono poche risorse e il mercato interno è bloccato, all’estero ci sono straordinarie opportunità soprattutto per la fascia alta di prodotto. Un po’ come successe nel Rinascimento dive gli Italiani (o meglio Veneziani, Fiorentini e quant’altro) erano famosi per la qualità del prodotto venduto ai potentati dell’epoca.

Che sia necessario ripensarci Rinascimentali lo diciamo da un pezzo: alta qualità a prezzi conseguenti è la strada per salvare un paese di 60 milioni di abitanti che vuole andare alla guerra del prezzo con i miliardi di Cinesi ed Indiani. Non ci vuole un premio Nobel per capire che non funzionerà mai.

Investire su fabbriche di bulloni e acciaierie non è un’idea brillante (magari se ne mantengano poche di alta qualità e con ricerca sui materiali), investire sul territorio e sul turismo, con tutto l’indotto che ne consegue, sì.

Un turista spende denaro, conosce i luoghi, acquista prodotti, assaggia cibi che poi potrà acquistare online da casa propria, fa da ambasciatore dell’economia Italiana nel mondo. Si pensa che l’edilizia sia il volano per far girare l’economia: idea da anni ’60. Serve turismo, un turismo ricercato, responsabile, di qualità, acculturato.

In un articolo della nostra divisione Tourism Fiction avevamo evidenziato come il turismo enogastronomico generi quasi 120 euro di valore aggiunto, quello balneare poco più di 83 e quello culturale si attesti a 105 euro. Quindi è evidente che, pur necessariamente mantenendo un turismo più “cheap”, è necessario attrarre una fascia di utenti anche culturalmente più alta.

Un’altro volano vero dell’economia italiana può essere il design: il Made in Italy resta apprezzato nonostante qualche cedimento, e c’è spazio perché anche le aziende medio piccole sperimentino il proprio potenziale.

L’e-commerce può essere un ottimo sistema perché queste realtà inizino a farsi conoscere non già con senza alcun costo (impossibile) ma con investimenti mirati e una strategia di apprendimento che consenta di comprendere cosa il mercato apprezza di noi.

Tuttavia anche il design otterrebbe un vantaggio competitivo di grande importanza dalla crescita del turismo, con showroom dedicati ai turisti (cosa che già abitualmente si fa per prodotti di artigianato tradizionale quali ad esempio i vetri a Venezia) che presentano produzioni di nicchia ed eccellenza mettendo in rete le realtà medio-piccole. Senza contare poi che portare visitatori Asiatici contribuirebbe a diffondere il passaparola e la conoscenza dei brand in una parte del mondo che da qui in poi è destinata a dettare legge dal punto di vista commerciale.

Viva il turismo? Magari. Finora la strategia turistica Italiana si è rivelata fallimentare, perdendo quote di mercato in favore anche dei nostri vicini mediterranei. Infrastrutture vecchie, proposte per lo più stantie, scarsa attenzione al patrimonio artistico (e conseguente mancata valorizzazione anche monetaria) fanno pensare che servano politiche di ampio respiro non clientelari per risollevare tutto il settore turistico e, a traino, gran parte dell’economia italiana. Anche il semplice progetto web di italia.it porta ad un sito di scarso appeal, decisamente soto tono rispetto al fascino che un turista si aspetterebbe di percepire dal nostro paese.

Non brilliamo e non brilleremo mai per efficienza, siamo un paese di artigiani, creativi, di buona cucina e di arte: vere miniere d’oro per vivere bene senza affannarsi, basterebbe essere seri e investire un po’ su cultura ed educazione.

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