La comunicazione come supporto al cambiamento

Il cambio radicale della distribuzione trova le aziende nella difficoltà di cogliere l’attimo. Non esiste più la piramide verticale (alto medio basso), ma un’ellisse trasversale dove tutti i prodotti di prima necessità e di servizio vengono offerti in aree compensative degli svuotamenti dei centri storici.

Mentre negli stessi centri storici si trovano “flag stores” in franchising (che permettono ai marchi sia di mantenere l’immagine sia di riversare le difficoltà di vendita sui gestori), i centri commerciali cambiano come successe molti anni fa negli USA: vi si può comodamente comprare dal bene di prima necessità al superfluo. Sono la nuova piazza della società. In questo senso ci possono essere delle opportunità se viene cambiata la mentalità del product-placement.

Centro Commerciale

I grandi nomi necessitano di un negozio al centro per calibrare l’immagine, ma molte, operose piccole aziende, tuttora vitali, devono cambiare la mentalità distributiva. Non è più il luogo che porta acqua all’immagine, ma la tipologia dell’ipermercato dove il ceto medio, distribuito fuori dai centri storici, va per i propri acquisti.

In questo le piccole e medie aziende devono ripensare la comunicazione con nuove logiche e nuovi strumenti (la tecnologia offre visibilità e possibilità di lavoro, se non la si intende come “fare un sito”, idea vecchia di decenni): si veda come esempio i piccoli spazi che le compagnie telefoniche occupano per vendere contratti in luoghi che fino a poco tempo fa sarebbero stati percepiti come decontestualizzanti.

Il contesto non fa l’immagine. E’ facile trovare ceti benestanti che comprano nelle grandi strutture commerciali, e ceti bassi che spendono per un’idea di lusso. C’è molto da inventare non solo in termini di creatività del segnale di comunicazione, ma anche nel dove e come fare comunicazione, senza dispersioni economiche, misurandone l’efficacia. Nessuno compra qualcosa per sentirsi peggio: il mondo è pervaso di immagini, ma anche l’azienda più piccola, più leggera deve farsi conoscere. La comunicazione, la distribuzione di qualsiasi prodotto deve tener conto di un miglioramento della qualità visiva di colui che riceve il messaggio. E’ un valore aggiunto irrinunciabile.

C’è bisogno di idee nuove, di nuove intuizioni che aiutino l’ossatura portante del paese (piccolissime, piccole e medie imprese) ad essere visibili. I conti tornano se matura l’idea che l’identità di un’azienda va espressa e comunicata in tutte le sue componenti. Bisogna prevedere le velocità dei cambiamenti, senza ripiegarsi su se stessi. Il mondo sta cambiando: se alla paura imprenditoriale si sostituisce la voglia di crescere con passi calibrati, si rianimano le aziende.

Ecco la comunicazione tanto decantata, il marketing. Intuire dove vanno i consumi, e incoraggiare tutti i piccoli passi. L’immagine di un’azienda non è una sola cosa, ma l’insieme dei comportamenti di un’azienda verso l’esterno. Dalla gentilezza del centralino, alle forze di vendita, alla posizione stessa del prodotto. Oggi, anche un medicinale si mette il vestito buono.

Se la battaglia rimane sul prezzo, grandi catene saranno sempre più in grado di fare un centesimo in meno. E ci sarà sempre qualcuno che compra un piccolo sogno. Magari attraverso un prodotto semplice esplicitato nella promessa di qualcos’altro. E qui serve pazienza, fiducia verso gli operatori seri della comunicazione e la presa a cuore delle realtà. Grandi, piccole e medie imprese, non possono più prescindere dal comunicare all’esterno la loro esistenza.

C’è bisogno di una riflessione anche da parte degli addetti alla comunicazione e al marketing (sempre più vicine). Non si vende a terzi il proprio sapere, si vende ad aziende che diventano partner l’ottimizzazione delle risorse. In un raporto di dialogo che faccia tener di conto agli imprenditori, massimizzi le loro risorse, e consapevolmente gli avvii o li traghetti nella comunicazione.

Basta dunque con le agenzie di pubblicità che vendono una pagina pur di inseguire le intuizioni dell’imprenditore. La comunicazione necessità di strategie, di competenze, e di metri di misura calibrati sulla specificità di ciascuna azienda.
Ogni azienda sembra uguale. Non è vero. Ogni azienda è per storia, per circostanze un elemento di unicità con la quale stringere rapporti nel rispetto delle reciproche competenze. Non serve una buona immagine, un buon marketing, ma un’immagine buona, un marketing buono, consapevoli che con l’azienda si deve creare un sodalizio, e che più procede l’azienda, più è soddisfacente l’impegno dei consulenti.

Capire, conoscere l’azienda, e andarci passo passo… Questo è l’unico futuro che può togliere agli imprenditori già affannati dal quotidiano il problema della visibilità, del lavoro, in una concezione nuova. In una nuova concezione della consulenza che con una parola fuori moda si può dire “etica professionale”. Ce n’è bisogno.

“Quando non riesci a risolvere un problema, esci dal problema”.

Einstein

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