Durante la seconda guerra mondiale, in una Londra sotto i bombardamenti tedeschi, Winston Churchill pronunciò un famoso discorso per esortare la popolazione inglese a condurre una vita normale nonostante le bombe.
Nei giorni successivi i negozi londinesi, riprendendo questo discorso, esposero cartelli con la scritta “Business as usual” intendendo con ciò che il loro spirito era più forte degli attacchi nemici.
Riprendendo l’espressione ai giorni nostri, sotto il bombardamento di una crisi che sembrerebbe essere giunta al termine, le aziende si interrogano sul proprio futuro: riprenderanno a fare “business as usual”?
In Italia siamo zavorrati da carenze strutturali che rendono fragile il mondo imprenditoriale, in particolare della piccola e media impresa che costituisce la stragrande maggioranza della forza produttiva. Citiamo un articolo di Daniele Pittèri, apparso su “L’impresa di comunicazione” del settembre 2009:
“…si tratta di una mentalità figlia di un’imprenditoria molecolare derivata da una civiltà contadine, dove la dimensione della piccola impresa a conduzione (o comunque centralità) familiare ha fatto sì che le logiche di gestione familiare e quelle d’azienda in qualche modo si mescolassero, cosicché la pratica del risparmio, del non spreco, dell’essenzialità e dell’accantonamento hanno prevalso anche nella dimensione d’impresa, relegando in posizione subalterna il rischio, l’innovazione e il dinamismo che da esse consegue”.
Però qualcosa sta cambiando, come conseguenza della crisi.
Nella nostra esperienza verifichiamo un diverso fermento, una ricerca di soluzioni che anche se non supportate da investimenti mirati, sono il segnale di una visione del modo di fare impresa che sta mutando.
Non parliamo di cambiamenti epocali, poiché il radicamento della concezione d’azienda di cui parla Pittèri è forte ed ha avuto il merito di preservare la struttura produttiva in momenti difficili, ma dei primi germogli di una trasformazione in atto nelle PMI italiane.
Uno degli aspetti su cui le aziende si stanno interrogando è la comunicazione e il modo di farsi conoscere: il mondo è cambiato e si vuole capire come emergere con strumenti diversi, ora che la Cina è l’Italia del mondo (come filosofia produttiva post boom) e l’Italia si deve reinventare.
Un consiglio: guardarsi indietro per andare avanti. Tornare allo spirito del Rinascimento, dei grandi artigiani che a distanza di secoli ci permettono ancora di giovarci del “Made in Italy” che, in fondo, hanno iniziato loro.
Torniamo a vendere status, fascino, sogni e classe invece di prodotti o servizi, “spendiamoci” nel miglior modo possibile: questi sono i presupposti che ci permetteranno di affrontare il futuro con fiducia.
Perché il business, purtroppo o per fortuna, non potrà più essere “as usual”.