Nella nostra attività di consulenti in comunicazione, ci troviamo molto spesso a dover conciliare due concezioni opposte del rapporto tra core business e informazione, ognuna avvalorata da una moltitudine di esperienze e convinzioni ardue da sradicare:
– da una parte la cultura del lavoro, del fare senza dire molto, che riconosce poco valore all’informazione rivolta a clienti, utenti e collaboratori;
– dall’altra la cultura dell’informazione, che ritiene il dato, la forma e l’immagine dei valori a sé, non necessariamente funzionali a supportare l’oggetto della comunicazione.
Nella prima categoria a volte troviamo livelli direttivi di enti ed aziende che hanno maturato una lunga e significativa esperienza in un periodo in cui:
– c’era molto da fare e poco tempo per interrogarsi sull’organizzazione
– le dinamiche di mercato conferivano al fattore economico un peso preponderante nelle decisioni
– non ci si poneva il problema di informare perché il terminale del mercato, il consumatore o utente, aveva una cultura modesta e viveva passivamente il proprio ruolo
Alla seconda categoria appartengono invece alcuni rappresentanti del mondo informatico e della grafica, talvolta opinionisti e blogger. I motivi sono essenzialmente quattro:
– l’informatizzazione dei processi ha portato a pensare che “il dato” fosse tutto, indipendentemente dalla sua contestualizzazione (si veda lo scoppio della bolla internet nel 2000)
– la facilità di accesso ai programmi di grafica ha fatto proliferare i comunicatori fai da te, che si sono sovrapposti alle agenzie senza averne la preparazione
– la visione messianica della grafica come forma d’arte, propria di molti istituti di formazione italiani, ha creato parecchi sconquassi nel rapporto con i clienti
– la rete, utilizzata come un mare in cui ognuno può gettare il proprio “message in a bottle”, ha favorito la nascita milioni di opinionisti ed informatori, non sempre attendibili (vale anche per chi scrive: attento lettore!).
Ad entrambi i gruppi difetta una visione globale della platea (mercato, utenza, partner) senza la quale è sempre più difficile ottenere dei risultati, di qualsiasi settore o attività si parli.
Per cercare di avvicinare questi due estremi, tra il serio e il faceto abbiamo stilato un eptalogo rivolto sia ad aziende ed enti, sia agli addetti alla comunicazione. Ogni mercoledì, per sette settimane, pubblicheremo una nuova regola.
Regola 1 – L’informazione non è mai troppo poca
Ci piaccia o no, con Internet in mondo è cambiato. Provate a stare un giorno, o anche solo un’ora, senza e-mail e vediamo cosa succede… Come minimo avrete già chiamato il vostro Service Provider per lamentarvi perché, naturalmente, stavate aspettando un messaggio urgente!
Siamo tutti terrorizzati dai black-out informatici: e-mail, Skype, Messenger, Facebook, Twitter, Youtube, Google sono così comodi!
Testuale, sonora, visiva, di mille tipi: il web non è tecnologia, è informazione.
Quello che si fa oggi con le tecnologie Internet si poteva fare, in modo più costoso ma ugualmente efficace, dieci anni fa. Ciò che è veramente cambiato è la diffusione del web: ormai è uno strumento di lavoro e di vita che tutto il mondo ha adottato, anche a livello personale.
Per questo l’informazione che date sui vostri prodotti o servizi non è mai superflua. Non pensate che una spegazione in più sia inutile: anche se interessasse ad una sola persona, potrà fare la differenza tra acquisire un nuovo cliente oppure no.
Organizzate l’informazione in modo tale che sia chiara, leggibile, accessibile e ordinata: l’utente dovrà prima leggere quanto riteniamo essenziale che venga a sapere, poi scegliere di approfondire quanto sia di suo interesse.
Il consiglio è di non dare alcunché per scontato, meglio dire qualcosa in più che in meno, a patto che l’utente-cliente non sia costretto a perdere tempo.