Quando ci rivolgiamo a interlocutori lontani, a paesi e culture diverse, non pensiamo che lo stesso messaggio valga per tutti.
L’efficacia della comunicazione dipende in egual misura da chi la trasmette e da chi la riceve: se non si parla la stessa lingua, anche culturale, si possono creare dei corto circuiti molto pericolosi.
Il caso delle traduzioni è piuttosto esplicativo: pensiamo ad esempio di voler offrire agli utenti arabi una nostra presentazione aziendale o la descrizione di un servizio nella loro lingua. Ma che arabo usiamo?
Molti pensano che l’arabo sia una sola lingua, invece se ne contano svariate versioni: l’arabo letterario, scarsamente utilizzato, l’egiziano, molto diffuso per la grossa produzione cinematografica del paese, oppure il marocchino o altri dialetti ancora?
Non si tratta di differenze di poco conto: forme verbali e termini cambiano sensibilmente a seconda delle zone geografiche di provenienza.
Per non parlare delle differenze culturali. Se in una pagina pubblicitaria mettiamo in bella evidenza una mano con police ed indice che formano il segno dell’OK, teniamo presente che in Russia la stessa cosa significa “ti faccio un c… così”!
Passando ad argomenti più strategici, dobbiamo sapere che un discorso fortemente centrato sui vantaggi per il singolo può non funzionare nelle culture orientali, dove la collettività e la famiglia vengono prima dell’individuo.
Allo stesso modo consideriamo che il concetto di tempo per noi occidentali è una struttura rigida, per un orientale o un arabo invece è un elastico, un’indicazione di massima.
Insomma, quando si comunica non si può improvvisare: bisogna saper trasmettere ad ognuno l’informazione nel modo più adatto.